SEBASTIA ARCHEOLOGICA
tratto da Michele Giorgio, Il Manifesto, 16 novembre 2021
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In collina, a dieci km da Nablus, il villaggio palestinese di Sabastiya e le sue campagne sono un dono della natura per gli agricoltori della zona che hanno piantato ulivi, mandorli, grano e molto altro ricevendone frutti abbondanti. «La terra qui è fertile, generosa» ci dice Osama Hamdan. Archeologo e architetto, Hamdan ha scavato ovunque in Cisgiordania ma è conosciuto soprattutto come il musulmano che ha restaurato diverse chiese antiche cristiane, bizantine e crociate. (…) Assieme alla storica dell’arte italiana Carla Benelli, (…) l’archeologo palestinese ha girato in lungo e in largo la Cisgiordania. Ma è a Sebastiya che Hamdan e Benelli hanno concentrato una porzione importante del loro lavoro negli ultimi venti anni. «È un sito stupendo e incredibilmente ricco (…) – ci spiega l’archeologo – Quando lavoriamo per restaurare edifici e case di Sebastiya quasi sempre riusciamo a riportare alla luce muri antichi, colonne, reperti e tanto altro. Gli abitanti del villaggio vivono all’interno di un incredibile patrimonio storico e archeologico». (…) “Sebastiya fu fondata nel 25 a.C. da Erode il Grande nel luogo dove sorgeva l’antica Samaria ebraica (…). Dopo la conquista romana della regione da parte di Pompeo nel 63 a.C., la città fu annessa alla provincia di Siria e nel 30 a.C. l’imperatore Augusto la assegnò a Erode che la ribattezzò in suo onore Sebaste (…). Il cristianesimo (…) si diffuse fin dall’inizio in tutta la regione e prese piede la tradizione che il corpo di Giovanni Battista fosse stato sepolto a Sabastiya. (…)». Quella di Sebastiya è una storia ricca per i popoli e le religioni ma, affermano i palestinesi, la parte israeliana tende a privilegiare solo una porzione di questo patrimonio, l’antica Samaria. Come spesso accade in questi casi sono i coloni insediati in Cisgiordania a cercare di mettere le mani sui resti antichi. «Per Israele e i suoi coloni l’archeologia è un percorso privilegiato per affermare una sorta di proprietà ebraica sulla Palestina storica (…). Gli Accordi di Oslo dei primi anni ‘90 con la suddivisione «temporanea» della Cisgiordania occupata in tre aree – A sotto l’autorità dell’Anp di Abu Mazen, B controllo misto israelo-palestinese, e C, la più ampia (60% del territorio) controllata dall’esercito israeliano – hanno complicato lo status di Sebastiya e del suo sito archeologico, spaccato di fatto in due. L’Amministrazione comunale del villaggio e l’Anp hanno il controllo solo della parte che ricade nell’area B. Mentre l’Ente dei Parchi nazionali israeliani controlla tutto il resto, anche se qui non siamo in Israele ma in Cisgiordania. Gli Accordi di Oslo prevedono il «passaggio graduale» della gestione di determinati siti archeologici palestinesi da Israele all’Anp. Ciò non è quasi mai avvenuto sebbene siano passati quasi trent’anni dalla firma di quelle intese. Pertanto, la zona di Sebastiya dove si trova la maggior parte delle antichità è definita come Area C mentre l’adiacente parcheggio e i negozi di souvenir sono area B sotto il controllo civile palestinese. Per i coloni Sebastiya non è altro che il Parco Nazionale di Samaria. (…) L’interesse dei coloni per Sebastiya è cresciuto di pari passo con l’ascesa della destra religiosa ai vertici di Israele. La correlazione tra insediamento e archeologia incarna allo stesso tempo il controllo del presente e il controllo della storia e chi ha il «diritto di rivendicarla». Ma conta anche la battaglia per inserire definitivamente la «Giudea e Samaria», i nomi biblici della Cisgiordania, sulla mappa turistica israeliana, un obiettivo che i coloni inseguono con tutte le loro forze. (…)